Panico, attacco di panico, disturbo di panico

panico

“…Ho paura della paura; paura degli spasmi del mio spirito che delira, paura di questa orribile sensazione di incomprensibile terrore. Ho paura delle pareti, dei mobili, degli oggetti familiari che si animano di una specie di vita animale. Ho paura soprattutto del disordine del mio pensiero, della ragione che mi sfugge annebbiata, dispersa da un’angoscia misteriosa…” Guy de Maupassant

…Porto addosso le ferite di tutte le battaglie che ho evitato…” F. Pessoa

Il termine “attacco di panico” deriva dalla mitologia greca, la quale narra la storia di un dio di nome Pan, dall’aspetto ripugnante, per metà uomo e per l’altra animale dal pelo ispido, con zanne ingiallite, barba, corna e zoccoli caprini (rimando il lettore interessato a leggere per intero il mito di Pan, rintracciabile su qualsiasi motore di ricerca su internet).

Secondo il DSM IV l’attacco di panico non è considerato come una categoria diagnostica precisa, ma come un insieme di sintomi o situazioni cliniche che compaiono all’interno di altri disturbi: prevalentemente i disturbi di ansia.

E’ necessario distinguere tre diverse situazioni:

  • panico: avviene quando il soggetto è sottoposto ad un’improvvisa, incombente e grave minaccia reale e non può fuggire, sottrarsi (Frencescetti G, 2005). Tale reazione ha la funzione di proteggere l’organismo paralizzandolo temporaneamente, fin quando il pericolo ambientale effettivo e l’emergenza non passano. Questa situazione di panico non può essere definita disturbo di panico, in quanto il pericolo esiste realmente. Al contrario potrebbe far scaturire un disturbo post-traumatico da stress, cioè provocare un forte e profondo disagio, che consisterebbe nel rivivere il trauma effettivamente subito.
  • attacco di panico: esperienza di panico che si manifesta in un ambiente o in una situazione non caratterizzati da un effettivo pericolo imminente ed intenso, e neppure dal riattivarsi o riemergere del ricordo di un’esperienza traumatica. G. Francesetti lo definisce come “[…] un episodio di ansia acuta senza sostegno […]”.
  • disturbo di panico o DP: ciò che lo caratterizza è il fatto che il soggetto abbia sperimentato attacchi di panico inaspettati, quindi non riconducibili ad una causa specifica né reale (panico) né situazionale (disturbi di ansia). Il criterio di “attacco inaspettato” e non legato a situazioni specifiche è essenziale, per lo meno in una fase del disturbo) per poter parlare di DP.

Il disturbo da attacchi di panico o DAP , ora chiamato DP (disturbo da panico), è una sindrome psicopatologica caratterizzata da ripetuti episodi di ansia acuta, appunto “panico”, che possono durare da qualche minuto ad un’ora.

Il soggetto prova all’improvviso, in modo completamente inaspettato, un’intensa e traumatizzante esperienza di paura fisica e psicologica, che lo fa sentire a rischio di perdita di controllo, svenimento o, persino, morte.

Gli attacchi durano, generalmente, alcuni secondi, ma causano all’individuo un notevole livello di angoscia.

Oltre agli allarmanti sintomi fisici, come soffocamento, vertigini, sudorazione, tremore, tachicardia, dolore o fastidio al petto, brividi o attacchi di calore, la persona, spesso, avverte una sensazione di morte imminente, derealizzazione, depersonalizzazione, paura di perdere il controllo o di impazzire.

Vi può essere associata la paura di particolari situazioni da cui sarebbe difficile allontanarsi o in cui sarebbe imbarazzante mostrarsi sofferenti.

Può instaurarsi un comportamento di evitamento: qualora il soggetto eviti di trovarsi in tutte quelle situazioni che sono per lui fonte di disagio. In tal caso il DAP può dirsi associato ad agorafobia.

Sebbene il termine “agorafobia” significhi, letteralmente, “paura degli spazi aperti”, gli effetti di questo disturbo possono, anche, manifestarsi in condizioni diverse, come in alcuni luoghi chiusi (banche a chiusura controllata, ascensori o altri spazi ristretti).

Il DAP può essere associato a:

– ansia anticipatoria:

può presentarsi a volte a seguito del primo episodio, ed è un doloroso senso di attesa, che lascia immaginare il ripetersi della precedente e sgradita esperienza.

L’imprevedibilità dell’evento atteso, tanto nei suoi tempi che nei suoi modi, costituisce la fonte dell’aggravarsi dell’ansia anticipatoria, portando la persona a domandarsi, continuamente, quando e dove avverranno gli attacchi successivi;

 – ipocondria:

ovvero paura delle malattie, scaturisce dalla convinzione che all’origine del disturbo ci sia una malattia organica.

L’idea di un’origine organica del disturbo diminuisce il livello di angoscia della persona, ed è socialmente più accettabile rispetto al riconoscimento di un’origine psicologica;

depressione:

un senso di demoralizzazione e di abbattimento accompagna la limitazione dell’autonomia, e l’isolamento sociale che il DAP comporta.

L’individuo pensa di non avere le capacità di tornare ad essere quello che era prima della comparsa del disturbo, che non ci siano vie di uscita dalla situazione, che nessuno possa comprendere ed aiutare a risolverla;

agorafobia:

ovvero paura degli spazi aperti. Il soggetto ha paura di essere intrappolato in un luogo o in situazioni dalle quali la fuga possa essere difficile o tremendamente imbarazzante;

allerta nei confronti delle sensazioni che arrivano dal proprio corpo:

qualsiasi sintomo somatico correlato all’ansia viene interpretato dalla persona come il segnale di un imminente ripresentarsi degli attacchi di panico. In particolare, l’attenzione è focalizzata su qualsiasi sintomo di tipo neurovegetativo come sudorazione, tachicardia, tremore ecc…

Questi sintomi, però, sono, spesso, riconducibili allo stato di allerta in cui si trova l’individuo, ma vengono interpretati come conferma dell’imminente situazione di pericolo e d’incapacità a fronteggiarlo, creando, così, un circolo vizioso;

condotte di evitamento:

il soggette tende ad evitare in maniera sempre più elevata i luoghi e le situazioni in cui si può sentire in pericolo o in imbarazzo.

dipendenza dagli altri:

la paura di dover fronteggiare da solo un nuovo attacco di panico induce l’individuo a ricercare la vicinanza e la presenza di parenti e/o amici, che lo aiutino a sentirsi più al sicuro. Questo può, però, comportare la drastica riduzione dei livelli di autonomia della persona, che può avere conseguenze a livello di funzionamento sociale e lavorativo in particolare.

Un problema rilevante, in questi casi, è che, spesso, l’individuo che soffre di attacchi di panico non è in grado di chiedere aiuto o non desidera farlo e, in alcune situazioni, è il tipo di sintomatologia stessa che impedisce la richiesta d’aiuto, in quanto possibile situazione ansiogena e, quindi, scatenante un attacco di panico.

“…Ciò che non mi distrugge mi rende più forte…” F. Nietzsche

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